Gentile lettore, la promessa
di matrimonio non è un contratto, pertanto, da essa non sorge l’obbligo di contrarre matrimonio. Una
eventuale clausola penale o una caparra pattuita a garanzia dell’adempimento
della promessa di matrimonio sarebbe nulla.
Nel nostro
ordinamento non è neppure ammesso l’utilizzo di norme straniere che consentano
un adempimento forzato della promessa di matrimonio,
in virtù del principio della libertà del consenso, che è principio di ordine
pubblico.
L’inadempimento
della promessa di matrimonio può essere, tuttavia, fonte di limitata responsabilità e quindi di risarcimento, ma è necessario che la promessa medesima
sia stata prestata in forma solenne: ciò
si verifica quando essa è reciproca e redatta tramite atto pubblico o scrittura
privata, oppure quando risulti nella richiesta delle pubblicazioni
matrimoniali. In questo caso, scatta il risarcimento relativo alle spese sostenute e agli impegni assunti in vista del matrimonio. Invece,
il mancato adempimento della cosiddetta promessa semplice obbliga
solo alla restituzione dei doni.
L’azione di restituzione dei doni (art.
80 c. civ.) può essere esercitata entro il termine di un anno dal giorno del rifiuto della celebrazione
del matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti; l’azione di risarcimento del danno (art.
81 c. civ.) può essere esercitata entro il
termine di un anno dal giorno del rifiuto
della celebrazione del matrimonio.
I doni da restituire come conseguenza
dell’inadempimento della promessa di matrimonio sono solo quelli fatti in
relazione al matrimonio e non quelli fatti per affetto (sono state considerate,
ad esempio, oggetto di restituzione le somme versate per la ristrutturazione
della casa).