Il certificato di abitabilità è un requisito
essenziale del bene venduto, poiché vale a incidere sull'attitudine del bene
stesso ad assolvere la sua funzione.
Dunque è
lecito chiedersi cosa succede se, una volta stipulato il compromesso, ci si
accorge che l’immobile promesso in vendita è privo del certificato di abitabilità. Si è costretti ugualmente a presentarsi dal notaio per il rogito oppure ci si può sottrarre all'affare e
ottenere la restituzione di eventuali caparre versate?
Una
risposta chiara in merito è stata data dalla Cassazione che, con la sentenza n.
629/14, ha chiaramente affermato che, in
tali casi, il mancato rilascio del certificato di abitabilità da parte del venditore
integra un inadempimento contrattuale. Pertanto, ciò consente al futuro
acquirente di rifiutarsi di presentarsi dal notaio per la stipula del contratto
definitivo.
Ovviamente,
in tali casi, un consiglio prezioso sarà quello di inviare, al venditore, una lettera di diffida, in cui si chiariscano le ragioni
per cui ci si sottrae al rogito. Ciò affinché il venditore non possa intendere
il rifiuto dell’acquirente come un inadempimento da parte di quest’ultimo.
La Corte
poi precisa che l’inadempimento del venditore viene meno solo nel caso in cui
sia intervenuto il successivo rilascio del certificato. In tal
caso, dunque, il fatto che in precedenza l’abitabilità non fosse stata concessa
non potrà essere utilizzato come scusa, dall'acquirente, per evitare di firmare
la vendita definitiva.