Come fanno le banche
a sapere tutto di noi? A conoscere ogni aspetto economico, ma anche personale,
dei propri clienti?
Avete ricevuto un secco
“no” alla richiesta di mutuo per la vostra prima casa o le condizioni vi
sono sembrate eccessivamente inique? Avete subìto la revoca di un fido o di un piano
di rientro senza che vi siano state fornite motivazioni ragionevoli e,
magari, avete protestato, ma pur sempre con la consapevolezza di avere qualche “scheletro
nell’armadio”?
Di fronte al silenzio
imbarazzato dell’istituto di credito, anche dopo la diffida dell’avvocato, non
resta che la causa. Ma la curiosità resta sempre: cosa avrà spinto la banca ad
erigere questo muro verso il cliente?
Chi non vede le ragioni
è perché è rimasto all’era in cui l’unica “patente” di affidabilità di una
persona era il casellario giudiziario e la visura protesti della
Camera di Commercio. Ma i tempi sono cambiati ed esistono strumenti ben più
invasivi – capaci di aggirare la legge – per “spiare” il passato delle
persone.
Cos’è World-Check?
Esiste una banca dati
di nome World-Check,
gestita da una Limited inglese, appartenente a un tal Thomson Reuters,
con sede a Londra, che (attraverso decine di “detective” sparsi sul territorio)
raccoglie ogni informazione sulle persone di diversi Stati del pianeta e crea
archivi (una sorta di “cartelletta” per ciascuno di noi). Tali informazioni
sono costituite da procedimenti penali (sia quelli terminati con una condanna,
sia quelli poi archiviati), nonché tutte le notizie di reato e ogni altro dato
attinto dai giornali tradizionali o dal web, ma anche da atti ufficiali
di tribunali o di pubbliche amministrazioni. Questi dati vengono poi venduti
a società commerciali, per evitare il “rischio business”. In altre parole,
chiunque, volendo informarsi su qualcuno con cui dovrà stipulare un contratto,
può consultare la banca dati di World-Check proprio come avviene con un
registro pubblico.
In altre parole, questa
società si vale di una serie di “agenti speciali” in grado di tracciare ogni
“nome proprio di persona” presente su atti pubblici o su giornali, riviste,
rotocalchi, pagine web; ed ogni volta che tale nome viene associato a un reato
di matrice economica (la lista è assai lunga) viene schedato, archiviato,
raccolto e conservato per sempre.
Dov’è la violazione
delle norme italiane?
Perché questa attività
non avviene in Italia? Molto facile. Da noi la legge sulla privacy richiede l’informativa
all’interessato ogni volta che si trattino i suoi dati o, addirittura, l’autorizzazione dello
stesso, quando si tratta di dati sensibili o giudiziari. Autorizzazione che,
peraltro, è necessaria quando i dati vengono trasferiti all’estero, cosa
tutt’altro che improbabile se il cliente di World-Check è di un altro Paese.
Non solo. La nostra
normativa impone anche di garantire all’interessato il diritto di accesso ai
propri dati e, su sua richiesta, la cancellazione dei dati. Immaginate,
però, che succederebbe se, ogni soggetto schedato da World-Check chiedesse la
cancellazione: la banca dati si vuoterebbe in un solo giorno.
E allora, l’unica cosa
da fare era portare tutto al di fuori della legge italiana. Ecco come nascono
le società di due intelligence!
Vi meravigliate?
World-Check non è l’unica. Ci sono tante altre società di “due intelligence”
che controllano il mondo (avevo già dato l’allarme in questo articolo: “Società di “due
intelligence”: nessuno è al sicuro. Morto il diritto all’oblio”),
prima tra tutte l’elvetica SGR, specializzata proprio con gli italiani
(leggi: “Siamo tutti
schedati: SGR controlla ogni italiano. La rivelazione shock”).
In Italia
Tra i migliori clienti
di World-Check vi sono numerosi istituti di credito italiani.
Perché una banca, per
conoscere il trascorso del cliente che ha davanti, dovrebbe accontentarsi di un
casellario giudiziario – che tuttavia potrebbe essere privo di
informazioni utili quando il reo abbia ottenuto dal giudice la “non menzione” –
o di una visura della Camera di Commercio – che potrebbe non essere
aggiornata o magari ancoràta a un prestanome – o ancora perché dovrebbe
limitarsi a una consultazione in Crif - quando quest’ultima è tenuta,
dopo un certo periodo, a cancellare i dati conservati in archivio – ? Su
World-Check i dati non vengono mai cancellati. E questo perché
l’archivio, per ragioni di competenze territoriali, si sottrae alla normativa
dell’Unione Europea. Ivi compresa quella sulla privacy, nonché agli
orientamenti dei nostri giudici relativi al diritto all’oblio (leggi:
“Diritto
all’oblio dopo World-Check: sulla rete nulla si distrugge, ma tutto si sposta”).
Perché non interviene
il Garante della Privacy?
Consultati, gli uffici
del Garante ammettono di avere le mani legate. Questioni di “competenza
territoriale“, ovviamente.