Rischia il licenziamento un impiegato che durante l'orario di lavoro usa "in
continuazione" il computer dell'ufficio per giocare. E, emerso il comportamento
scorretto, l'azienda non ha nemmeno l'obbligo di contestare al lavoratore le
singole partite giocate. Lo ha sottolineato la Cassazione, con la sentenza
25069/2013, valutando il caso di un impiegato di un'azienda farmaceutica cui
veniva contestato di aver giocato al pc per circa 300 ore in un anno.
La
Corte d'Appello di Roma nel 2010 aveva dichiarato nullo il licenziamento
ritenendo "generica la contestazione che fa riferimento ad un solo episodio"
tanto da non consentire al lavoratore una puntuale difesa". Non è di questo
avviso la Sezione lavoro della Suprema Corte che nella sentenza
evidenzia come "l'addebito mosso al lavoratore non può essere ritenuto generico
per la sola circostanza della mancata indicazione delle singole partite giocate
abusivamente dal lavoratore".
Quindi "appare illogica la motivazione
della sentenza impugnata che lamenta indicazione specifica delle singole partite
giocate, essendo il lavoratore posto in grado di approntare le proprie difese
anche con la generica contestazione di utilizzare in continuazione, e non in
episodi specifici isolati, il computer aziendale". Gli ermellini hanno pertanto
rinviato alla Corte d'Appello di Roma per un nuovo giudizio.
Claudio De Lucia