Il mondo oramai si
muove in rete. Internet ha comportato una vera e propria rivoluzione a livello
globale ed ha cambiato il modo di comunicare. La proliferazione di nuove forme
di comunicazione ha creato sì vantaggi alla collettività, ma anche numerosissime
problematiche, finanche di natura matrimoniale.
È lecito dunque
chiedersi fin dove una relazione coltivata solo virtualmente possa essere
considerata, per la legge, un vero e proprio tradimento se
consumata in costanza di matrimonio. E dunque, nel caso in cui il coniuge viene
scoperto a chattare su internet gli si può imputare la responsabilità della
separazione?
Una sentenza della
Corte di Cassazione (sent. n. 8929 del 12.04.2013), in merito, ha sancito che, in
tema di addebito della separazione, la
relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione a
quest’ultimo, non solo quando si sostanzi in un adulterio vero
e proprio (dai connotati “fisici”), ma anche quando, in considerazione degli
aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono,
dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e
comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge.
Insomma, non è necessario il rapporto carnale per
potersi parlare di violazione dell’obbligo della fedeltà, ma è sufficiente
anche che il comportamento del coniuge sia inequivocabilmente tale da far
sorgere dei seri dubbi di infedeltà.
Al contrario, la stessa
Cassazione, sostiene che non fa scattare la responsabilità un semplice scambio
interpersonale, extraconiugale, platonico, anche se
si concretizza in contatti telefonici o via internet, purché non sia connotato
da reciproco coinvolgimento sentimentale. Esso, infatti,
non può considerarsi il frutto di una relazione sentimentale adulterina o,
comunque, tale da suscitare plausibili sospetti di infedeltà coniugale. Pertanto,
se non vi è coinvolgimento sentimentale non c’è adulterio.
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