martedì 22 ottobre 2013

Ho conosciuto un ragazzo in chat, mi ha chiesto di farmi vedere nuda in cam e adesso mi ricatta. Ho paura, cosa posso fare?

Ho conosciuto un ragazzo in chat, mi ha chiesto di farmi vedere nuda in cam e adesso mi ricatta. Cosa posso fare?

Una domanda alquanto particolare, una situazione molta diffusa tra gli adolescenti in rete. Vediamo i dettagli.

 

La situazione tipica è la seguente:

“Ciao, mi piacerebbe conoscerti. Ti va di vederci su Skype?”

 

L’adescamento inizia con un semplice, candido appuntamento; dalla mail si passa all’appuntamento davanti alla cam. La conversazione su Skype si scalda velocemente, i complimenti incalzano, diventano sempre più seducenti e provocatori. Lei finge un po’ di pudore e di tentennamenti. Poi decide di lasciarsi andare.

 

La ragazza inizia a mostrare il proprio corpo nudo, invitando il malcapitato a fare altrettanto.

 

La trappola è scattata. Mentre la vittima ha ormai compiuto gli inequivocabili gesti di chi si è lasciato andare, la conversazione si interrompe e arriva il messaggio con il ricatto: “Ho registrato tutto il video. Se non vuoi che lo faccia circolare su Facebook tra i tuoi amici, mi devi inviare 300 euro”.

 

Come bisogna agire in tali circostanze?

 

Certamente, la denuncia alla polizia postale è un atto dovuto sotto l’aspetto civico, ma non sempre efficace. Difatti le indagini possono essere assai lunghe, mentre la diffusione delle immagini sulla rete corre più veloce. Possono essere necessari più di sei mesi per avviare le attività istruttorie.

 

Skype sfrutta linee difficilmente tracciabili e, a meno di aver conservato l’email contenente i contatti dell’adescatrice, è pressoché impossibile rintracciare il contatto. Inoltre anche la stessa email potrebbe essere stata inviata sfruttando gestori “poco collaborativi” con le autorità o utilizzando linee wi-fi di terzi lasciate sprotette.

Insomma, la via legale, per quanto necessaria, può essere altrettanto inutile.

 

Pagare? Certo è la soluzione più facile e immediata. Tuttavia, a meno che si voglia sottostare a tale tipo di ricatti, la questione resta poi la possibile reiterazione della pretesa. Oggi 300 euro, domani 500, dopodomani 1000. Quale garanzia ha la vittima che l’estorsione termini dopo il primo pagamento?

 

Cancellarsi da Facebook? Ovviamente non serve a nulla. Anzi, il malcapitato non potrà, in questo caso, sapere se, alle sue spalle, viene portata a termine l’attività diffamante. A tutto voler concedere, potrebbe essere più opportuno “sospendere” momentaneamente il proprio account (possibilità concessa da Facebook, tra gli strumenti del profilo) e attivarne uno nuovo di emergenza, avendo cura di richiedere l’amicizia ai precedenti contatti. In questo modo, se da un lato tale comportamento potrebbe vanificare, agli occhi del molestatore, qualsiasi ricatto, dall’altro lato renderà possibile controllare, dietro le quinte, eventuali attività illecite ai propri danni.

 

Una tutela, forse, c’è. Facebook possiede dei sistemi di controllo in grado di filtrare immagini e video. Il social network, infatti, al tentativo di caricare un’immagine o, peggio, un video con contenuti erotici, applica una censura in grado di impedire l’upload del contenuto. Non solo: qualora si riuscisse a caricare una immagine di tal tipo, l’interessato potrebbe segnalare l’abuso ai gestori della piattaforma, con un veloce click. In questo, Facebook è molto attento, atteso che, di recente, ha aperto le proprie porte anche ai minori tredicenni (prima impossibilitati a rendere pubblici i propri stati).

 

Il filtro di Facebook, però, non garantisce la vittima da ulteriori forme di propagazione virale del contenuto (email, youtube, messaggerie, ecc.).

 

Certo, in alcuni casi l’indifferenza potrebbe essere una tattica vincente. Chi compie questo genere di crimini mira ad ottenere solo il denaro e non la rovina della propria vittima. Per cui se quest’ultima dovesse dileguarsi, il ricattatore non avrebbe più interesse a proseguire nell’azione illecita.

Claudio De Lucia