Nella locazione di
immobile a uso commerciale, il conduttore in ritardo coi
pagamenti del canone compie un inadempimento contrattuale. In tali casi,
pertanto, il locatore è legittimato a recedere dal contratto a norma degli
artt. 1453 e 1455 cod. civ. Tanto più se questo ritardo nel pagamento sia
ripetuto. Non ogni inadempimento, infatti, può portare alla risoluzione del
contratto, ma solo quello che il giudice consideri “grave”,
il che, per esempio, si verifica quando l’inadempimento sia stato preceduto da
altri prolungati e reiterati ritardi.
Costituisce, peraltro,
adempimento parziale e insatisfattorio — che il locatore può rifiutare e
che può comportare la risoluzione del contratto per morosità — il mancato
pagamento dell’aggiornamento Istat del canone previsto
da apposita clausola contrattuale.
Sul punto la Cassazione,
con sentenza n. 9913/98, ha puntualizzato che obbligazione principale del
conduttore è quella del pagamento del canone. Il mancato versamento degli
aumenti Istat convenuti costituisce volontario inadempimento, facendo venir
meno l’equilibrio del contratto, che, in relazione all’entità delle somme non
corrisposte e alla data della loro finale corresponsione, non può ritenersi di
scarsa importanza.
Tutte le volte in cui
il contratto venga risolto per morosità, al
conduttore non compete l’indennità di avviamento.
Tale indennità è pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto; per
le attività alberghiere, invece, l’indennità è pari a 21 mensilità. La legge
stabilisce, infatti, espressamente, che tale indennità non è dovuta nel caso di
risoluzione della locazione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una
procedura fallimentare.
Fonte immagini: www.ottirid.it