Nel momento in cui il passeggero acquista il biglietto del treno non fa
altro che concludere un contratto. La
compagnia di trasporto è obbligata, pertanto, a garantire la prestazione
venduta secondo correttezza e rispettando gli standard qualitativi e i diritti
dell’utenza sanciti, in primo luogo, dalla Costituzione.
Una recente sentenza del Giudice di Pace di Roma (sent. n. 41354/13 - dott.
Concettina Cardaci) ha riconosciuto un indennizzo, in via equitativa (e
precisamente di € 1.000,00), ad una
giovane donna che, per un anno interno, si è dovuta spostare salendo sulla tratta
ferroviaria Spoleto – Università di Roma Tre.
Per le precarie condizioni dei vagoni,
“immortalate” dalle fotografie degli smartphone, il magistrato ha riconosciuto
all’utente l’esistenza del danno non patrimoniale,
derivante da inadempimento contrattuale della compagnia dei treni. Questo
perché il vettore è sempre tenuto a garantire condizioni accettabili per il
trasporto dei propri passeggeri, dovendo rispettare il diritto alla salute imposto dalla Costituzione. Pertanto,
scatta un risarcimento “forfettario” per
il pendolare costretto a viaggiare su un treno sporco e
in pessime condizioni igieniche.
Secondo il tenore letterale della sentenza in esame, affinché si possa
ottenere il risarcimento del danno è necessario documentare, con certificato medico, le conseguenze negative sulla
salute del passeggero (una su tutte: i servizi igienici non funzionanti, i
sedili sporchi e causa di contagi di vario tipo, ecc.).
In tali casi, si legge nel provvedimento in commento, vengono lesi i
diritti fondamentali della persona come il diritto alla salute,
alla personalità e all’intangibilità della dignità dei
cittadini.