Ebbene si, non è abuso del diritto acquisire il titolo di legale laddove sia più facile: è questa la
tesi sostenuta dall’avvocato generale della Corte di Lussemburgo; non devono
essere fermati i praticanti che hanno ottenuto la qualifica all’estero.
Non è abuso di diritto dunque la condotta dei praticanti avvocati italiani che scelgono di acquisire il titolo di avvocato di un altro Stato
dell’Unione Europea (su tutte Spagna e Romania), per beneficiare di una
normativa più favorevole.
A dichiararlo, poco fa, nel corso dell’udienza tenuta dinnanzi alla
Corte di Giustizia, è Nils Wah (avvocato
generale della Corte). Pertanto, è contrario alle libertà dell’Unione Europea
la prassi italiana di rifiutare, ai professionisti che abbiano conseguito il
titolo in un altro Paese comunitario, l’iscrizione nella sezione speciale
dell’albo prevista per gli avvocati con qualifica ottenuta all’estero.
In parole povere, non si può
inibire ai praticanti avvocati di conseguire il titolo all’estero. Per la
Comunità Europea è, infatti, assolutamente indifferente che l’aspirante professionista
intenda approfittare di una normativa estera più favorevole o che egli presenti
la domanda di iscrizione all’albo poco dopo aver ottenuto il titolo
professionale all’estero.
Il ricorso alla Corte di
Lussemburgo era stato sollevato proprio dall’Italia e, in particolare, da
un Consiglio dell’Ordine forense marchigiano. Ora, però, tocca ai giudici comunitari emettere la sentenza
definitiva, sebbene, statisticamente, il parere dell’Avvocato generale viene spesso
condiviso dalla Corte.
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