martedì 25 marzo 2014

Lo sai che … anche le minacce, gli atti di disprezzo e le umiliazioni rientrano nel novero dei “maltrattamenti in famiglia”?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 44700 del 6.11.2013) ha chiarito che il reato di maltrattamenti in famiglia non si configura solo nel caso di percosse e lesioni, e dunque di violenze fisiche, ma il suddetto crimine ricorre anche nel caso in cui la vittima subisce ingiurie, minacce, privazioni o umiliazioni.

Vi rientrano pertanto tutti gli atti di disprezzo e di offesa alla dignità della persona che diventino vere e proprie sofferenze morali, quando animate da una volontà di vessare il soggetto passivo

Il reato si considera consumato e perfezionato con l’ultima di tale serie di atti, pur se protrattisi successivamente alla separazione dei coniugi. Per la sua configurazione il reato richiede una serie abituale di condotte che possono estrinsecarsi in atti lesivi dell’integrità psicofisica, dell’onore, del decoro o di mero disprezzo e prevaricazione del soggetto passivo, attuati anche in un arco temporale ampio, ma entro il quale possono essere individuati come espressione di un costante atteggiamento del reo di maltrattare o denigrare il soggetto passivo.

Oltre a ciò, una successiva sentenza (n. 2326 del 20.01.2014) ha chiarito che fatti occasionali ed episodici, pur penalmente rilevanti in relazione ad altre figure di reato (ingiurie, minacce, lesioni), determinati da situazioni contingenti (ad esempio, rapporti interpersonali connotati da permanente conflittualità) e come tali non suscettibili di essere inquadrati in un una cornice unitaria, non rientrano nel reato di maltrattamenti in famiglia.

Fonte immagine: www.ilrestodelcarlino.it