Il blog di Claudio De Lucia

INFORMAZIONE SINTETICA ED ESSENZIALE SUL MONDO DELLE LEGGI E DELLA GIURISPRUDENZA

IL SIGINIFICATO DEI TERMINI LEGALI PIU' USATI IN TELEVISIONE E SULLA STAMPA

COME DIFENDERSI DAI PICCOLI SOPRUSI QUOTIDIANI

COME AGIRE EFFICACEMENTE NEI CONFRONTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E DELLE GRANDI IMPRESE

QUALI SONO I DIRITTI DEI CITTADINI, QUALI LE PIU' RECENTI SENTENZE DELLA CASSAZIONE E COME AGISCONO SULLA VITA DI TUTTI I GIORNI

venerdì 29 novembre 2013

Lo sai che … entro il 31 gennaio 2014 scatta l’obbligo di assicurazione contro gli infortuni domestici per le casalinghe e i casalinghi?

Scatta l’obbligo di assicurazione contro gli infortuni domestici per coloro che si occupano delle faccende di casa a tempo pieno e gratuitamente.
 
L’Inail, con un comunicato ufficiale comparso sul proprio sito internet, ha da pochissimo comunicato che è diventata obbligatoria l’assicurazione contro gli infortuni domestici per le casalinghe ed i casalinghi.

L’obbligo di firmare una polizza assicurativa scatta entro il 31 gennaio 2014 e vale per le persone di età compresa tra 18 e 65 anni che si occupano della casa gratuitamente e a tempo pieno, senza cioè alcun compenso ed escluse le persone che lavorano part time. Restano pertanto escluse badanti, baby sitter e collaboratrici domestiche. 
L’assicurazione dovrà coprire dagli infortuni domestici gravemente invalidanti e mortali
Il costo della polizza è di € 12,91 l’anno e va pagata a favore dell’Inail. I versamenti potranno essere effettuati negli uffici postali o direttamente on line entro il 31 gennaio 2014. 
Ovviamente, l’obbligo vale tanto per le donne quanto per gli uomini 
Non dovranno pagare l’assicurazione coloro che hanno un reddito basso, ossia: a) chi ha un reddito personale complessivo lordo fino a 4.648,11 euro annui; b) chi fa parte di un nucleo familiare il cui reddito complessivo lordo non supera i 9.296,22 euro annui.
Per ottenere l’esonero basta presentare un’autocertificazione.

giovedì 28 novembre 2013

Sono proprietario di un garage in condominio: sono tenuto al pagamento delle spese condominiali anche se non possiedo un appartamento?

Il proprietario di un box auto sito in un edificio, anche se non è proprietario di un appartamento nel medesimo stabile, è comunque tenuto al pagamento di alcune spese condominiali di manutenzione ordinaria e straordinaria.
 
La ripartizione di tali spese varia a seconda del luogo in cui il box è collocato, cioè se esso è parte integrante dell’edificio o si trova all’esterno di esso.
 
Se il box è parte integrante dell’edificio, il proprietario del garage è tenuto a pagare le spese connesse all’utilizzo del box stesso (per esempio: riparazione del cancello o manutenzione delle scale di accesso), in misura superiore ai millesimi di proprietà, salvo diversa disposizione contrattuale. La quota condominiale è stabilita da un regolamento o, in mancanza, da un’apposita delibera dell’assemblea.
Egli deve anche partecipare – in quanto proprietario di un bene comunque facente parte dell’edificio – alla divisione delle spese per interventi di ricostruzione parziale o totale effettuati nello stabile (per esempio: ristrutturazione del lastrico solare o rifacimento delle facciate). In questo caso, la ripartizione avviene in proporzione alla quota millesimale di proprietà.
Allo stesso modo il proprietario del garage deve partecipare alla ripartizione di tutte le spese relative ai servizi di cui usufruisce (ascensore, videosorveglianza, riscaldamento ecc.).
 
Se il box si trova all’esterno dell’edificio, il proprietario è tenuto alle spese che interessano il piano delle autorimesse (per esempio spese per il cancello di accesso o per la videosorveglianza).
Diversamente dal primo caso, però, il proprietario del box è esonerato dal pagamento delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria del condominio. Egli non partecipa quindi, per esempio, alle spese di riparazione del tetto o dei balconi. Qualora, invece, i lavori di ristrutturazione o manutenzione riguardino parti dell’edificio strettamente connesse all’area dei box (per esempio cortile sovrastante i garage), il proprietario del box deve partecipare alle spese.


Tali regole sono di carattere generale e possono ben essere derogate o modificate dai singoli regolamenti condominiali, tenendo conto della particolare struttura dell’edificio e della collocazione dei box auto.

mercoledì 27 novembre 2013

Cosa succede se decade Berlusconi? Vediamo tutti i possibili scenari

Sono passati settant’anni da quando Benito Mussolini fu arrestato e poi successivamente liberato dai paracadutisti nazisti per insediarsi a capo della Repubblica Sociale Italiana e poi dare inizio alla sanguinosa guerra civile italiana tra italiani fascisti alleati con i nazisti tedeschi e gli italiani partigiani e lealisti alleati con gli anglo-americani. Guerra che finì con l’ingloriosa morte dell’uomo che per vent’anni aveva guidato l’Italia.
 
Ora, settant’anni dopo, Silvio Berlusconi rischia di concludere la sua carriera parlamentare il 27 novembre e di conseguenza rischia sicuramente un anno di servizi sociali e forse anche l’arresto per il caso Ruby oltre che il sequestro dei suoi conti correnti. E anche in questo caso finisce un ventennio che ha visto Berlusconi presidente del Consiglio per circa dieci anni e capo del suo regime mediatico per un intero ventennio. Il Presidente Grasso ha blindato definitivamente il voto della decadenza ed ha respinto qualsiasi rinvio. Quindi siamo alla resa dei conti.
 
Quali i possibili scenari?
 
1) Berlusconi si salva: anche con il voto palese, Berlusconi riesce a comprare i senatori necessari per evitare la decadenza. Tra lo sdegno generale il teatrino continua.
 
2) Berlusconi decade ma Napolitano lo grazia: questa ipotesi per adesso sembra alquanto remota, ma non è da escludere che successivamente alla decadenza, Napolitano per stabilizzare la situazione non grazi il Cavaliere, il fatto è che poi rischierebbe comunque una successiva condanna per i processi Ruby e per la compravendita di senatori.
 
3) Berlusconi decade e si riorganizza per le elezioni: questa è l’ipotesi più probabile. Berlusconi potrà ergersi a vittima della sinistra giustizialista, uscire definitivamente dal governo e attaccare quotidianamente Letta. Questo sicuramente gli farà riprendere molti consensi per poi presentarsi alle prossime elezioni più forte, con una Forza Italia ripulita. L’unico neo è se il governo tiene. In tal caso i tempi si allungherebbero e Berlusconi rischierebbe di essere condannato anche per gli altri due processi in corso e di finire in galera fino alla fine dei suoi giorni (ricordiamo che perderebbe anche il beneficio dell’indulto sui quattro anni di cui è stato condannato in via definitiva).
 
4) Berlusconi decade e sfida il governo: questa è l’ipotesi più estrema. Se Berlusconi decade e magari subisce anche un mandato d’arresto per il processo Ruby, il Cavaliere potrebbe decidere di puntarla sul fatto che si tratta di un colpo di stato.
 
 
5) Berlusconi decade e si arrende: ultima ipotesi e che Berlusconi decada, venga anche arrestato, ma decide solo di protestare ma niente di più.
 
Sicuramente oggi (27.11.2013) sarà uno spartiacque e sicuramente darà inizio alla fase conclusiva del ventennio Berlusconiano. A nostro avviso, data la gravità della situazione economica e politica, nulla è da escludere, personalmente credo in una qualche forma di colpo di coda del Cavaliere o comunque in qualche sorpresa.

martedì 26 novembre 2013

Condono Equitalia: è ufficiale il maxi sconto. I morosi potranno evitare di pagare gli onerosi interessi. Vediamo come

L’accordo è stato finalmente raggiunto e il maxi sconto sulle cartelle esattoriali – che solo qualche settimana fa sembrava solo un miraggio – è ormai diventato realtà. 

 

Nei prossimi giorni sarà approvato definitivamente un emendamento alla legge di stabilità che prevede la sanatoria sulle cartelle esattoriali ricevute sino ad oggi dagli italiani (o meglio, si applicherà ai ruoli consegnati all’agente della riscossione fino al 31 ottobre 2013, restando escluse solo le ultimissime che ancora non sono state neanche notificate). In pratica,i morosi che accetteranno questa possibilità offerta dalla legge, potranno pagare imposte e sanzioni,senza però gli onerosi interessi. Rispetto, quindi, alla prima formulazione dell’emendamento, la nuova versione del testo prevede il pagamento delle sanzioni che prima, invece, dovevano essere scontate.

 

 Le cartelle avranno dunque un maxi sconto. Gli interessi saranno quindi completamente azzerati per “rottamare” la vecchie cartelle esattoriali di Equitalia. I contribuenti potranno sanare la loro posizione pagando solo il 100% dell’imposta, e poche delle sanzioni.

 
 

Sono inoltre dovute le somme spettanti all’agente come compenso della riscossione. Questo significa che il debitore non dovrà versare solo l’aggio di riscossione, ridotto all’8% a partire dal primo gennaio scorso, ma anche il rimborso delle spese eventualmente sostenute dall’agente di Equitalia, a titolo ad esempio di notifica della cartella di pagamento o di iscrizione del fermo amministrativo.

 

Il risparmio è rappresentato dagli interessi maturati dopo la notifica della cartella di pagamento o dopo l’affidamento del carico da parte dell’ente impositore. 

 

Il compromesso è stato raggiunto ieri pomeriggio dalla maggioranza. L’adesione dovrà avvenire entro il 30 giugno con il contestuale versamento del 50% della somma dovuta. Il restante 50% andrà versato entro il 16 settembre. 

 

Quanto alle modalità operative, l’intera procedura sarà attivata e gestita dall’agente della riscossione. Equitalia quindi dovrà inviare agli interessati una comunicazione entro la fine di maggio 2014. Con tale modulo si porterà a conoscenza dei debitori la possibilità di estinguere la pretesa pubblica con il versamento della metà della somma dovuta, entro la fine di giugno 2014. La somma residua dovrà essere versata entro il 16 settembre 2014.

lunedì 25 novembre 2013

Lo sai che ... i nostri conti correnti vengono continuamente spiati? Alcune società di intelligence controllano ogni singolo italiano

Come fanno le banche a sapere tutto di noi? A conoscere ogni aspetto economico, ma anche personale, dei propri clienti?

 

Avete ricevuto un secco “no” alla richiesta di mutuo per la vostra prima casa o le condizioni vi sono sembrate eccessivamente inique? Avete subìto la revoca di un fido o di un piano di rientro senza che vi siano state fornite motivazioni ragionevoli e, magari, avete protestato, ma pur sempre con la consapevolezza di avere qualche “scheletro nell’armadio”?

 

 Di fronte al silenzio imbarazzato dell’istituto di credito, anche dopo la diffida dell’avvocato, non resta che la causa. Ma la curiosità resta sempre: cosa avrà spinto la banca ad erigere questo muro verso il cliente?

 

 Chi non vede le ragioni è perché è rimasto all’era in cui l’unica “patente” di affidabilità di una persona era il casellario giudiziario e la visura protesti della Camera di Commercio. Ma i tempi sono cambiati ed esistono strumenti ben più invasivi – capaci di aggirare la legge – per “spiare” il passato delle persone.

 

Cos’è World-Check?

Esiste una banca dati di nome World-Check, gestita da una Limited inglese, appartenente a un tal Thomson Reuters, con sede a Londra, che (attraverso decine di “detective” sparsi sul territorio) raccoglie ogni informazione sulle persone di diversi Stati del pianeta e crea archivi (una sorta di “cartelletta” per ciascuno di noi). Tali informazioni sono costituite da procedimenti penali (sia quelli terminati con una condanna, sia quelli poi archiviati), nonché tutte le notizie di reato e ogni altro dato attinto dai giornali tradizionali o dal web, ma anche da atti ufficiali di tribunali o di pubbliche amministrazioni. Questi dati vengono poi venduti a società commerciali, per evitare il “rischio business”. In altre parole, chiunque, volendo informarsi su qualcuno con cui dovrà stipulare un contratto, può consultare la banca dati di World-Check proprio come avviene con un registro pubblico.

In altre parole, questa società si vale di una serie di “agenti speciali” in grado di tracciare ogni “nome proprio di persona” presente su atti pubblici o su giornali, riviste, rotocalchi, pagine web; ed ogni volta che tale nome viene associato a un reato di matrice economica (la lista è assai lunga) viene schedato, archiviato, raccolto e conservato per sempre.

 
 

Dov’è la violazione delle norme italiane?

Perché questa attività non avviene in Italia? Molto facile. Da noi la legge sulla privacy richiede l’informativa all’interessato ogni volta che si trattino i suoi dati o, addirittura, l’autorizzazione dello stesso, quando si tratta di dati sensibili o giudiziari. Autorizzazione che, peraltro, è necessaria quando i dati vengono trasferiti all’estero, cosa tutt’altro che improbabile se il cliente di World-Check è di un altro Paese.

Non solo. La nostra normativa impone anche di garantire all’interessato il diritto di accesso ai propri dati e, su sua richiesta, la cancellazione dei dati. Immaginate, però, che succederebbe se, ogni soggetto schedato da World-Check chiedesse la cancellazione: la banca dati si vuoterebbe in un solo giorno.

 E allora, l’unica cosa da fare era portare tutto al di fuori della legge italiana. Ecco come nascono le società di due intelligence!

Vi meravigliate? World-Check non è l’unica. Ci sono tante altre società di “due intelligence” che controllano il mondo (avevo già dato l’allarme in questo articolo: “Società di “due intelligence”: nessuno è al sicuro. Morto il diritto all’oblio”), prima tra tutte l’elvetica SGR, specializzata proprio con gli italiani (leggi: “Siamo tutti schedati: SGR controlla ogni italiano. La rivelazione shock”).

 

In Italia

 

Tra i migliori clienti di World-Check vi sono numerosi istituti di credito italiani.

Perché una banca, per conoscere il trascorso del cliente che ha davanti, dovrebbe accontentarsi di un casellario giudiziario – che tuttavia potrebbe essere privo di informazioni utili quando il reo abbia ottenuto dal giudice la “non menzione” – o di una visura della Camera di Commercio – che potrebbe non essere aggiornata o magari ancoràta a un prestanome – o ancora perché dovrebbe limitarsi a una consultazione in Crif - quando quest’ultima è tenuta, dopo un certo periodo, a cancellare i dati conservati in archivio – ? Su World-Check i dati non vengono mai cancellati. E questo perché l’archivio, per ragioni di competenze territoriali, si sottrae alla normativa dell’Unione Europea. Ivi compresa quella sulla privacy, nonché agli orientamenti dei nostri giudici relativi al diritto all’oblio (leggi:  “Diritto all’oblio dopo World-Check: sulla rete nulla si distrugge, ma tutto si sposta”).

 
 

 Perché non interviene il Garante della Privacy?

Consultati, gli uffici del Garante ammettono di avere le mani legate. Questioni di “competenza territoriale“, ovviamente.

domenica 24 novembre 2013

Esenzione bollo auto: chi ne ha diritto e come richiederla

Secondo la normativa vigente, sono esonerati dal pagamento del bollo auto in modo permanente i soggetti disabili che rientrano nelle seguenti categorie:

 

a) non vedenti (colpiti da cecità assoluta o con un residuo visivo non superiore ad 1/10 ad entrambi gli occhi);

b) sordomuti;

c) disabili con handicap psichico o mentale titolari dell’indennità di accompagnamento;

d) disabili con grave limitazione della capacità di deambulazione o affetti da pluri-amputazioni;

e) disabili con ridotte capacità motorie e limitate capacità di deambulazione.


 

Per usufruirne, il veicolo deve essere intestato allo stesso disabile o ad un soggetto che lo ha fiscalmente a carico. Il veicolo deve essere un autoveicolo o una motocarrozzetta la cui cilindrata non deve essere superiore a 2000 centimetri cubici se a benzina, e a 2800 centimetri cubici se a gasolio. Nel caso in cui disabile possieda più veicoli, l’esenzione spetta per un solo veicolo, scelto dal disabile nella domanda di esenzione, nella quale deve indicare la relativa targa.

 

La richiesta di esenzione dal bollo auto, ai sensi della Legge 449 del 27/12/1997 e successive modifiche e integrazioni, deve essere presentata agli uffici della Regione almeno 90 giorni prima della scadenza del termine di pagamento personalmente o spedita mediante raccomandata con ricevuta di ritorno all’ Ufficio Tributi della Regione o all’Ufficio delle Entrate o alla Sezione staccata della Direzione regionale. Ad essa devono essere allegati, da parte di ciascuna categoria di soggetti aventi diritto all’esenzione, determinati documenti che accertino lo stato del richiedente. In particolare, le persone non vedenti o sordomute dovranno presentare il certificato di invalidità, mentre i soggetti affetti da handicap psichico o mentale sono tenuti ad esporre un verbale di accertamento che attesti la situazione di handicap grave del soggetto derivante da disabilità psichica e il certificato di attribuzione dell’ indennità di accompagnamento. Le persone disabili con grave limitazione della capacità di deambulazione o pluri-amputate dovranno esibire, ancora, il verbale di accertamento dell’ handicap emesso dalla Commissione medica dell’ASL di appartenenza e le persone disabili con ridotte o impedite capacità motorie, ma con limitazione non grave della capacità di deambulazione, dovranno allegare il certificato di invalidità, rilasciato dalla Commissione medica dell’ ASL, che attesti la natura motoria della disabilità.


 

Il contribuente che ha a carico una persona disabile deve inviare, infine, anche una copia dell’ ultima dichiarazione dei redditi cui risulta che la persona disabile è a carico dell’ intestatario dell’ auto. Una volta riconosciuta, l'esenzione dal pagamento del bollo auto ha validità anche per gli anni successivi, tranne nei casi in cui vengano meno le condizioni necessarie per l’esonero.

 

Esenzioni, chi non paga oltre ai disabili? Per ulteriori approfondimenti scrivetemi all'indirizzo mail claudio.de.lucia@alice.it, oppure contattatemi attraverso gli ulteriori link che trovate nella sezione "Consulenza Legale".

sabato 23 novembre 2013

Affitti in nero: il mio proprietario di casa non vuole registrare il contratto di affitto. Cosa posso fare? Rischio qualche sanzione?

Con l’introduzione del nuovo regime della cedolare secca sugli affitti e le locazioni il Fisco ha introdotto delle novità importanti sul fronte della lotta all'evasione nell'ambito degli affitti e delle locazioni di case, immobili, appartamenti e fabbricati, che danno la possibilità all’inquilino di denunciare il proprietario e godere di affitti molto agevolati, in modo da scoraggiare molto la richiesta di affitti in nero o di canoni di locazioni 50% in nero e 50% no.

 

Come bisogna comportarsi nel caso in cui il proprietario ci chiede di prendere in affitto un appartamento in nero?

Per chi non lo sapesse, tale comportamento si sostanzia nel non registrare il contratto e nel non dichiarare i canoni pagati o percepiti e altre inadempienze minori. Innanzitutto sarebbe opportuno sensibilizzare il proprietario locatore dell’immobile sull’illegalità del suo comportamento, nonché sensibilizzare lo stesso sulla possibilità di aderire al regime della nuova cedolare secca con una tassazione che va dal 19% al 21%, che abbatte notevolmente il carico tributario a livello di imposte IRPEF.

 

Gli svantaggi per l’inquilino

L’inquilino è sempre visto come parte debole dal legislatore nell’ambito dei contratti di affitto e come tale è notevolmente tutelato; con il d.lgs n. 23 del 2011 l’affittuario ha acquisito un’arma in più in quanto, nel caso di affitti e locazioni di casa in nero, gli è data la possibilità di denunciare il proprietario e di godere di un regime fiscale di estremo favore che prevede la possibilità di richiedere l’applicazione di un canone annuo pari a 3 volte la rendita catastale. (Ad esempio: un appartamento di 100 metri quadrati sito in una grande città avente una rendita di 1.000 euro, si tramuterebbe in un affitto mensile al di sotto di 300 euro).

 

Il conduttore resta comunque responsabile in solido con il proprietario per le imposte di registro non versate e per le relative sanzioni (al limite l'erario può chiederle solo a lui "costringendolo" a farsi rimborsare dal proprietario la metà). Pertanto anche l'inquilino dovrà versare metà della sanzione dal 120 al 240% dell'imposta di registro, oltre agli interessi pregressi. In caso di denuncia del proprietario, è impensabile che il fisco non pretenda di sapere quanto versava di canone effettivo, anche perché solo con la prova dei versamenti si riuscirà a dimostrare che esisteva una locazione in nero.

 

Durata del contratto di affitto e calcolo del canone mensile di locazione in caso di denuncia del proprietario che affitta in nero.

Oltre al notevole vantaggio nel calcolo del canone annuo sulla base di 3 volte la rendita catastale della casa la durata del contratto sarà pari a 4 anni più 4 di rinnovo, il che vuole dire che se il proprietario non dichiara gli affitti mensili potrebbe trovarsi di fronte alla possibilità di realizzare su quella casa per oltre 8 anni un affitto molto al di sotto delle potenzialità del mercato. Tuttavia per l’applicazione di questo disposto da far valere ricordiamolo in sede civilistica, ossia dinnanzi ad un tribunale e non presso l’agenzia delle entrate, saranno necessarie le prove che il contratto esisteva e non è sempre facile. In pratica il suo investimento immobiliare sarà decisamente in perdita ed immobilizzato per oltre 8 anni.

 

Svantaggi per il proprietario che affitta casa

Il proprietario a questo punto non può avere dubbi in quanto da una parte ha un regime di favore fiscale estremamente vantaggioso e dall’altra ha una minaccia notevole rappresentata dalla possibilità di che l'inquilino lo denunci, esponendolo in questo modo ad una serie di pagamenti tra cui: a) sanzione amministrativa per infedele dichiarazione dei redditi; b) omesso versamento delle imposte di registro sul contratto di locazione più sanzioni ed interessi dalla data di mancata registrazione dell’atto che va dal 120% al 240% dell’imposta non versata; c) recupero a tassazione della minore Irpef versati sui canoni di locazione non dichiarati; d) ipotesi di ulteriori accertamenti.

Gli affitti in nero diventano una modalità di gestione del proprio patrimonio immobiliare piuttosto rischiosa.

venerdì 22 novembre 2013

In progetto il "numero chiuso" per gli avvocati: in Italia ce ne sono troppi

Facoltà di giurisprudenza a numero chiuso e limitazioni all’accesso alla professione forense: fa ancora discutere il progetto comunicato dal Ministro della Giustizia qualche mese fa e che, stando a indiscrezioni di corridoio, non sarebbe mai tramontato. Alla bozza starebbero lavorando il Ministero della Giustizia, di concerto con il Ministero dell’Università. Lo scopo è quello di rivedere i criteri di accesso alla professione forense. L’intento è quello di limitare il numero di legali che accedono alla professione.

 

Il progetto doveva essere presentato lo scorso 28 settembre, ma i problemi del Governo che tutti conosciamo, le continue minacce di crisi e di caduta dell’esecutivo, hanno fatto slittare i tempi. Di fatto, la bozza è ancora allo studio e, a quanto sembra, sulla scrivania del Ministro.

 

In particolare, sono state avanzate tre possibili soluzioni:

1) la prima sarebbe quella di applicare uno sbarramento immediato all’iscrizione universitaria, prevedendo così un numero chiuso a tutti gli iscritti a giurisprudenza;

2) la seconda è quella di applicare il filtro dopo tre anni di università, attraverso un percorso formativo su misura. In questo modo, si valorizzerebbero solo gli studenti più meritevoli, mettendo da parte i cosiddetti “frequentatori occasionali”;

3) la terza invece comporterebbe lo sbarramento nella fase post-laurea, prima delle scuole di specializzazione.

 

Gli avvocati si dividono. Che vi sia una forte spinta di chiusura, sia dal vertice che dalle basi, è innegabile: chiusura determinata soprattutto dall’eccessivo sovraffollamento della professione e dalla recente crisi del settore “giustizia”. L’esubero di avvocati viene spesso considerato come una delle cause del recente decadimento della professione, che avrebbe accomunato professionisti “a tempo continuativo” a coloro che, invece, utilizzano la professione come “riempitivo”.

 

Attualmente in Italia, su una popolazione di quasi 61 milioni di persone, ci sono ben 247 mila avvocati. Il numero maggiore è presente in Campania (38 mila), seguita dalla Lombardia (30 mila) e dalla Puglia (23 mila). All’ultimo posto c’è la Valle d’Aosta con 178 avvocati e il Trentino con 1.643.

In Germania il numero dei legali è di 150 mila; in Francia invece è di 20 mila, quanto quelli presenti solo a Roma.

giovedì 21 novembre 2013

Ho acquistato un’auto da un concessionario che poi è fallito. L’auto non mi è stata ancora intestata, cosa faccio?



Tutte le volte in cui una persona acquista un’auto nuova, il concessionario – che l’ha ordinata dalla casa madre su richiesta del cliente – versa in banca il prezzo del veicolo, ritirando il certificato di omologazione che il fabbricante ha depositato presso la stessa banca. Finché ciò non avviene non si può procedere con l’iscrizione al PRA del nome del nuovo intestatario.

 

Cosa accade se dopo il versamento dell’anticipo da parte del cliente, e prima dell’iscrizione al PRA da parte del venditore, quest’ultimo fallisce? In questi casi, poiché il passaggio di proprietà non è ancora avvenuto, l’acquirente non può rivendicare la titolarità del mezzo. L’auto, dunque, rientra nel patrimonio amministrato dal curatore fallimentare nominato dal tribunale che ha dichiarato il fallimento. La curatela fallimentare – come da suo mandato – sarà tenuta a vendere il mezzo e, con il ricavato, soddisfare proporzionalmente tutti i creditori insinuati al fallimento.

 

Indubbiamente, l’acquirente, in questi casi, rimane estremamente pregiudicato. Tuttavia, alcune case automobilistiche tutelano il compratore rispetto al caso di improvviso fallimento del concessionario, garantendo la consegna dell’automobile anche in caso d’inadempienza di quest’ultimo.

 

Ma non sempre è prevista questa garanzia. E, in tali casi, l’unica strada percorribile dall’acquirente rimane quella di insinuarsi nel fallimento (ossia, attraverso un avvocato, presentare una domanda alla curatera fallimentare e chiedere di partecipare alla liquidazione dell’eventuale attivo del fallimento), con alte probabilità di non riuscire recuperare, in tutto od in parte, il proprio esborso.

 

In definitiva, è possibile chiedere l’intervento della casa madre; ma se il costruttore non garantisce la consegna del mezzo, non resta che insinuarsi al passivo del fallimento e rivalersi con l’eventuale ricavato dalla vendita dei beni del concessionario.

lunedì 18 novembre 2013

Coppie di fatto: uno strumento di tutela per regolare i rapporti patrimoniali nelle unioni fuori dal matrimonio.

I conviventi, anche omosessuali, avranno una carta in più per tutelarsi: si tratta di accordi che regoleranno solo gli aspetti patrimoniali della coppia e saranno disciplinati dal Consiglio nazionale del notariato.  Tali accordi, che potranno essere sottoscritti dagli interessati presso il notaio di fiducia, non entrano però nel merito del rapporto: la disciplina della convivenza spetta al legislatore, i notai regolano solo la parte patrimoniale.

 

I contratti di convivenza (pacs) potranno essere stipulati dal notaio a partire dal 2 dicembre 2013. Si possono sottoscrivere in qualsiasi momento della convivenza (quindi anche dopo diversi anni); pertanto possono anche definire rapporti patrimoniali in caso di cessazione del rapporto, evitando discussioni e rivendicazioni al momento della rottura.

 

Non saranno accordi “fac simile”, ma tagliati su misura sulle esigenze specifiche dalla coppia. Essi potranno disciplinare i diversi aspetti patrimoniali: i criteri di partecipazione alle spese comuni, quelli di attribuzione della proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza, le modalità d’uso della casa di residenza, la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza. In questo modo sarà possibile tutelare, per iscritto, la parte debole della coppia.

 

Da tali contratti – per i quali non esiste un costo fisso proprio perché variabili a secondo delle esigenze – nascono veri e propri obblighi giuridici a carico della coppia che li sottoscrive. E anche per quanto riguarda i figli sono ammissibili clausole per la definizione dei rapporti patrimoniali su mantenimento e istruzione.

 

L’iniziativa del Notariato risponde all’esigenza di dare risposte alle crescenti richieste sulla tutela dei diritti per quelle forme di convivenza, tra persone di qualunque sesso, non ancora riconosciute dalla legge italiana. Secondo gli ultimi dati Istat vi è stata, infatti, una progressiva diffusione delle famiglie di fatto in Italia, passata da circa 500mila nel 2007 a 972mila nel 2010-11 . In particolare sono proprio le convivenze more uxorio tra partner celibi e nubili ad aver fatto registrare l’incremento più sostenuto arrivando a 578 mila.