La sentenza n. 601/2013
della Cassazione tocca un
tema che diventa ogni giorno più scottante, mettendo a nudo l'inerzia del
legislatore italiano, il quale è restio a prendere una posizione chiara nei
riguardi delle coppie di fatto omosessuali. Il motivo di tale inerzia
legislativa è da ricercare, con grande probabilità, nella cultura e nella
tradizione religiosa italiana.
Motivazioni di ordine politico stanno, dunque,
alla base del silenzio legislativo sul tema - raramente interrotto. Questa
sentenza, per quanto concisa, pone l'accento non tanto sul diritto in se
considerato, ma coinvolge la morale nonché il modo stesso di pensare di una
certa cultura, che rappresenta ancora l'humus della comunità sociale italiana.
In questa sentenza la Cassazione, con estrema nonchalance, blinda - per
così dire - i principi di diritto ricordando non soltanto alle parti del
giudizio, ma a tutti i cittadini, che i pregiudizi personali non possono
prevaricare le prove. Un pregiudizio od una convinzione, per quanto fondati in
una certa ottica di pensiero, non possono trovare accesso in quella che è
definita, dai tecnici, la "verità processuale" - a meno che non siano
corroborati da fatti oggettivi e verificabili.
I giudici della Cassazione scrivono che: "alla base della doglianza del ricorrente non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo si da per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che dunque correttamente la Corte d'appello ha preteso fosse specificamente argomentata".
Secondo i giudici di legittimità, dunque, l'omosessualità del genitore affidatario del figlio minore, non sarebbe una condizione sufficiente a legittimare l'assunto secondo cui, vivere in una simile realtà, possa recare danno al minore stesso. Dare per scontato una cosa simile sarebbe, secondo i giudici, semplicemente frutto di un pregiudizio socio-culturale, che non può avere nessun rilievo all'interno del processo. La pericolosità di una simile situazione va, dunque, provata in maniera scientifica o, quantomeno, facendo riferimento a comprovati dati di esperienza comune.
Claudio De Lucia