Legittima la condanna per violenza privata del fidanzato che minaccia la
propria ragazza con un coltello e le tira i capelli per costringerla a
continuare una discussione, anche se poi la donna lo sposa e ritratta quanto
aveva affermato. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza
33804/2013.
Secondo i giudici infatti il ricorso si fonda “su una rappresentazione
edulcorata e parziale della vicenda processuale che non è idonea a scardinare la
chiara e puntuale ricostruzione dei giudici di merito. Questi hanno chiarito -
in maniera senz’altro corrispondente al contenuto e alla ratio dell’art. 610
cod. pen. - che la versione ‘minimalista’ resa a dibattimento dalla M. - che nel
frattempo si è sposata con l’imputato ed ha inteso ridimensionare il fatto - è
comunque sufficiente a ritenere provata l’accusa, giacché l’aver afferrato per i
capelli la donna per costringerla a rimanere con lui nell’autovettura
costituisce esercizio dl violenza fisica che, limitando significativamente la
libertà fisica e morale della persona, è idonea ad integrare il reato previsto
dall’art. 610 cod. penale”.
“Non corrisponde al vero, quindi, che i
giudici abbiano fondato il proprio convincimento sulle dichiarazioni contenute
nell’atto di querela, avendo fatto esplicito ed esclusivo riferimento alle
dichiarazioni dibattimentali della persona offesa, nonché a quelle della
sorella, che ha confermato il quadro in cui la vicenda de quo si
inseriva, caratterizzato da frequenti litigi tra i due”.
Corte di cassazione – Sezione V penale – Sentenza 5 agosto 2013 n. 33804
Fonte: Diritto24
Claudio De Lucia