Capitalizzazione trimestrale (Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 2 agosto 2013 n. 18541).
Per la contestazione di un’illegittima capitalizzazione trimestrale degli
interessi e l’applicazione di un tasso superiore a quello stabilito dalla legge
108/1996, la banca non può difendersi sostenendo che la previsione di un arco
temporale lungo per la conservazione dei documenti (10 anni) vada interpretata
come una limitazione dell’onere posto a carico della banca stessa di dimostrare
il credito. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 18541/2013,
respingendo il ricorso dell’istituto di credito.
La Corte ricorda infatti
che la banca è tenuta “a fornire la prova integrale del proprio credito, non
potendo sottrarsi a tale onere, nel giudizio a cognizione piena, quando le
contestazioni del debitore riguardano l’intera durata del rapporto”. “Pertanto -
secondo gli ermellini - deve concludersi per la manifesta infondatezza della
adombrata eccezione d’illegittimità costituzionale dell’art. 2220 cod. civ.,
correlato all’art. 50 TU n. 385 del 1993, dovendosi ribadire la radicale
diversità tra le esigenze probatorie (di natura sommaria, o fondate sulla fede
privilegiata attribuita ad alcuni documenti unilateralmente provenienti dal
creditore) della fase monitoria da quelle del giudizio a cognizione piena, ove
occorre dimostrare l’esistenza e l’entità del proprio credito mediante la
puntuale applicazione dell’art. 2697 cod. civ.”.
Fonte: Diritto24
Claudio De Lucia