Il blog di Claudio De Lucia

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martedì 23 luglio 2013

Sospeso per sei mesi il legale che si appropria di somme del cliente

Corte di cassazione - Sezioni unite - Sentenza 19 luglio 2013 n. 17652

 

Legittima la sospensione dalla professione per sei mesi disposta nei confronti dell’avvocato che si impossessa di somme della società che rappresenta. E la remissione di querela da parte di quest’ultima se ferma l’azione penale non sortisce tuttavia effetti sul piano disciplinare. Lo hanno stabilito le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 17652/2013, bocciando il ricorso del legale.


Secondo i giudici infatti “la statuizione di non doversi procedere per rimessione della querela in ordine alla imputazione di appropriazione indebita - illecito, questo, che trova un riscontro tra le incolpazioni per le quali la ricorrente è stata sanzionata disciplinarmente - non spiega, all’evidenza, alcuna efficacia in ordine alla sussistenza del fatto come accertato dalla decisione impugnata. La impossibilità di procedere ad un accertamento di responsabilità in sede penale, per il venir meno di una condizione di procedibilità, infatti, lascia inalterato l’ambito della valutazione rimessa al Cnf”.

 

Fonte: Diritto24

 

Claudio De Lucia

venerdì 19 luglio 2013

Anatocismo bancario: risarcimento dopo il 2000 se il contratto era in corso

Anche dopo il giugno del 2000 è illegittima la capitalizzazione degli interessi bancari. Lo ha stabilito il Tribunale di Treviso (sezione di Montebelluna), con la sentenza n. 1101/13, condannando Banca Intesa a restituire ad una Srl 365.068 euro, oltre interessi e spese, per rimborso di interessi composti addebitati in conto dal 1980 al 2005.

Dopo le sentenze del ’99 con le quali la Cassazione ha dichiarato la illegittimità della capitalizzazione degli interessi perché fonte di produzione di interessi anatocistici, è intervenuta la Delibera Cicr 9/2/2000 che alla sola condizione di parità di trattamento di capitalizzazione tra interessi debitori e creditori, ha rilegittimato di fatto la produzione degli interessi composti. Ragion per cui il rimborso degli interessi anatocistici è stato di norma riconosciuto fino al giugno 2000, e non oltre.

La sentenza di Treviso, emessa dal Giudice Susanna Menegazzi, consolida un nuovo orientamento (Trib. Mondovì, sentenza del 17/02/2009; Trib. Venezia, sentenza del 22/01/2007; Trib. Torino, sentenza del 05/10/2007; Trib. Padova, sentenza del 27/04/2008), affermando l’inapplicabilità della Delibera CICR ai contratti che erano già in corso al momento della sua entrata in vigore, senza che via sia stata una nuova pattuizione con il cliente.

Nel caso specifico la banca non si era neppure adeguata alle disposizioni della delibera Cicr che prevedono la pubblicazione in Gazzetta e la comunicazione per iscritto al correntista, tuttavia anche se così fosse stato nulla sarebbe cambiato. Infatti, spiega la sentenza: “Se anche la banca avesse applicato la periodica capitalizzazione degli interessi debitori e creditori con identica periodicità e nel rispetto della Delibera Cicr quanto a pubblicazione e comunicazione al cliente, tuttavia per rendere legittima la capitalizzazione occorrerebbe una pattuizione perché non può parlarsi di modifica ‘in melius’ (ulteriore condizione posta dalla Delibera Cicr) rispetto ad una clausola in precedenza nulla”.

 

Questo nuovo orientamento della giurisprudenza che ha seguito la S.r.l., è di grande importanza pratica perché consente a tutti i correntisti titolari di un rapporto di conto corrente acceso prima del giugno 2000 di ottenere non solo il rimborso degli interessi anatocistici addebitati fino ad oggi, ma anche la eliminazione dal contratto della onerosa clausola di capitalizzazione”.

Claudio De Lucia

 

giovedì 18 luglio 2013

Sanzione disciplinare per il magistrato che ritardi oltre l’anno

Non si salva dalla sanzione della “censura” il magistrato che accumuli ritardi superiori all’anno anche se ha qualche argomento a suo favore. Lo hanno stabilito le Sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza 17556/2013, respingendo il ricorso della toga pur  riconoscendo che “gli elementi favorevoli addotti dalla parte sono stati tenuti presenti dalla Sezione Disciplinare”, la quale tuttavia ha “ritenuto che le circostanze dedotte non potessero avere una efficacia scriminante dei ritardi ma soltanto, quoad poenam, giustificare l’irrogazione della sanzione minima della censura”.

 La Cassazione ricorda infatti che al magistrato erano stati contestati ritardi superiori, in undici casi, ai 700 giorni; in quaranta, ai 600 giorni; in quarantuno, ai 500 giorni; in trentacinque ai 400 giorni; in ventuno, ai 300 giorni; in novantatre ai 200 giorni.

Dunque, argomenta la Suprema corte: “In relazione a tali ritardi la Sezione Disciplinare, senza alcun automatismo, ha applicato quella giurisprudenza delle Sezioni Unite (ad esempio sentenza n. 18697 del 2011) che ritiene naturalmente ingiustificabili i ritardi superiori all’anno, in quanto superiori alla soglia della ragionevolezza, salva la allegazione e dimostrazione di circostanze assolutamente eccezionali, nella specie non verificatasi”.

 

Fonte: Diritto24

Claudio De Lucia

mercoledì 17 luglio 2013

Gli immigrati hanno diritto di conservare il doppio cognome

I cittadini di origine spagnola, o comunque nati in paesi nei quali ai figli si dà il cognome sia materno che paterno, hanno il diritto a conservare il doppio cognome anche in Italia, dopo aver ottenuto la cittadinanza nel nostro paese. Lo sottolinea la Cassazione, con la sentenza 17462/2013, avvertendo gli ufficiali dell'anagrafe civile di non 'cancellare’ il secondo cognome ai nuovi cittadini italiani che portano sia il patronimico paterno che quello materno.

 

Fonte: Diritto24


Claudio De Lucia

martedì 16 luglio 2013

Liquidatore responsabile anche quando la società è estinta

La sentenza fa chiarezza in ambito civilistico in merito ad alcuni dubbi applicativi riguardanti l'articolo 10 del Rd16 marzo 1942 n. 267 (di seguito "legge fallimentare"). In particolare, secondo la Corte di cassazione, la legittimazione processuale in relazione al procedimento con il quale si dichiara lo stato di insolvenza e, di conseguenza, il fallimento di una società spetta al rappresentante legale della stessa (e, dunque, al suo liquidatore) anche quando la dichiarazione di fallimento intervenga entro un anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese ovverosia nonostante l'intervenuta estinzione della società

 

Fonte: Diritto24


Claudio De Lucia