È vietato navigare in internet durante le ore di lavoro. Anche
per pochi minuti di connessione, l’incaricato di pubblico servizio o il
dipendente pubblico rispondono del reato di peculato nei confronti dell’amministrazione.
Difatti,
perdere tempo durante il servizio, utilizzando il PC per scopi personali, implica
un danno erariale consistente nello spreco di energia
elettrica. In altri termini, oltre alla responsabilità civile per
mancato svolgimento delle attività lavorative (il che, a tutto voler concedere,
potrebbe comportare una sanzione disciplinare, sino al licenziamento,
nell’ipotesi più grave), si configura anche una responsabilità
penale (il cosiddetto reato di peculato
d’uso).
Il peculato
per aver fatto lievitare la bolletta della luce all’ente datore di lavoro
scatta anche per poche ore di navigazione. Lo ha
detto la Cassazione nella recente sentenza n. 23352/14.
Secondo la
Corte, nel caso di abuso di un telefono d’ufficio o
del computer per scopi personali, la Cassazione
chiarisce che la lesione alla pubblica amministrazione non consiste nelle somme
necessarie a mantenere attiva l’utenza internet durante
la condotta illecita. Il danno, invece, sta nell’utilizzo dell’energia elettrica necessaria al funzionamento del
p.c. e nella temporanea disponibilità di tale strumento da parte del dipendente
della pubblica amministrazione, che ne realizza un uso non funzionale alle
finalità amministrative.